Il rapporto tratteggia un quadro dei diritti umani in Tunisia che si può definire di complessivo miglioramento compensata, però, in negativo da un ritmo di cambiamento troppo lento e da un elevato rischio di impunità per i responsabili delle violazioni compiute in passato. Nel paese che è stato il primo focolaio di rivolta la prosecuzione di proteste - dopo la caduta del Presidente Zine El Abidine Ben Ali (14 gennaio 2011) e le successive dimissioni del primo ministro Mohamed Ghannouchi - aventi per obiettivi la richiesta di occupazione,
maggiore libertà, processi per gli esponenti della famiglia dell’ex presidente e per i funzionari ritenuti responsabili di corruzione, hanno mostrato al mondo che il focus della rivoluzione dei gelsomini non si limitava all’abbattimento del regime ma puntava anche alla richiesta di significative riforme in materia di tutela dei diritti umani. Le misure adottate sia dal governo ad interim sia dall’esecutivo formatosi dopo le elezioni dell’Assemblea Costituente non sono ancora confluite in una riforma istituzionale capace di fornire efficaci garanzie contro la riproposizione di abusi.
Tra gli elementi positivi bisogna rimarcare il nuovo orientamento del paese in tema di tutela dei diritti umani testimoniato dalla ratifica dei principali trattati internazionali in materia, tra i quali il Protocollo opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), il Protocollo opzionale alla Convenzione Contro la Tortura e altri Trattamenti Crudeli, Inumani o Degradanti, la Convenzione Internazionale per la Protezione delle Persone dalle Sparizioni forzate, e lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (CPI). Positivo anche il consenso del Governo nel maggio 2011 all’ingresso in territorio tunisino, per la prima volta, del Relatore speciale delle Nazioni Unite per la tortura, in risposta a una richiesta risalente al 1998.
Passi significativi sono stati compiuti per la libertà di espressione e di associazione con una nuova legislazione per la stampa e la libertà di comunicazione audiovisiva eun miglioramento, stando ai dati forniti dal Ministero dell’Interno, si è avuto anche in ordine alle libertà politiche e sociali, con un incremento notevole delle autorizzazioni rilasciate alle associazioni ed ai partiti politici.
Il quadro dei diritti delle donne, a seguito del ritiro di alcune riserve alla Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione, da parte del Governo ad interim sembrerebbe essere migliorato e rappresenta un elemento di promozione di analoghi orientamenti in altri paesi anche se è stato ribadita la necessità di rispettare le disposizioni della Costituzione tunisina che si riferiscono alla legge islamica.
Tra gli aspetti problematici c’è il forte rischio di impunità degli operatori di polizia e di esponenti dell’autorità giudiziaria responsabili in passato di violazioni dei diritti umani; in tale ambito l’unica eccezione è rappresentata dallo scioglimento della Direzione per la sicurezza dello Stato responsabile di torture inflitte ai detenuti e di intimidazioni nei confronti degli attivisti pro diritti umani e di giornalisti indipendenti. La stessa commissione d'inchiesta istituita per indagare su violazioni dei diritti umani commessi durante la rivolta e le sue conseguenze ha sino ad ora reso noti solo alcuni risultati parziali. Il Report, infine, evidenzia il carattere negativo del rinnovo a tempo indeterminato, risalente ad agosto 2011, dello stato di emergenza nazionale, che ha consentito restrizioni di diritti fondamentali nonché la repressione delle proteste perduranti a fronte della lentezza dei processi di riforma.
maggiore libertà, processi per gli esponenti della famiglia dell’ex presidente e per i funzionari ritenuti responsabili di corruzione, hanno mostrato al mondo che il focus della rivoluzione dei gelsomini non si limitava all’abbattimento del regime ma puntava anche alla richiesta di significative riforme in materia di tutela dei diritti umani. Le misure adottate sia dal governo ad interim sia dall’esecutivo formatosi dopo le elezioni dell’Assemblea Costituente non sono ancora confluite in una riforma istituzionale capace di fornire efficaci garanzie contro la riproposizione di abusi.
Tra gli elementi positivi bisogna rimarcare il nuovo orientamento del paese in tema di tutela dei diritti umani testimoniato dalla ratifica dei principali trattati internazionali in materia, tra i quali il Protocollo opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), il Protocollo opzionale alla Convenzione Contro la Tortura e altri Trattamenti Crudeli, Inumani o Degradanti, la Convenzione Internazionale per la Protezione delle Persone dalle Sparizioni forzate, e lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (CPI). Positivo anche il consenso del Governo nel maggio 2011 all’ingresso in territorio tunisino, per la prima volta, del Relatore speciale delle Nazioni Unite per la tortura, in risposta a una richiesta risalente al 1998.
Passi significativi sono stati compiuti per la libertà di espressione e di associazione con una nuova legislazione per la stampa e la libertà di comunicazione audiovisiva eun miglioramento, stando ai dati forniti dal Ministero dell’Interno, si è avuto anche in ordine alle libertà politiche e sociali, con un incremento notevole delle autorizzazioni rilasciate alle associazioni ed ai partiti politici.
Il quadro dei diritti delle donne, a seguito del ritiro di alcune riserve alla Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione, da parte del Governo ad interim sembrerebbe essere migliorato e rappresenta un elemento di promozione di analoghi orientamenti in altri paesi anche se è stato ribadita la necessità di rispettare le disposizioni della Costituzione tunisina che si riferiscono alla legge islamica.
Tra gli aspetti problematici c’è il forte rischio di impunità degli operatori di polizia e di esponenti dell’autorità giudiziaria responsabili in passato di violazioni dei diritti umani; in tale ambito l’unica eccezione è rappresentata dallo scioglimento della Direzione per la sicurezza dello Stato responsabile di torture inflitte ai detenuti e di intimidazioni nei confronti degli attivisti pro diritti umani e di giornalisti indipendenti. La stessa commissione d'inchiesta istituita per indagare su violazioni dei diritti umani commessi durante la rivolta e le sue conseguenze ha sino ad ora reso noti solo alcuni risultati parziali. Il Report, infine, evidenzia il carattere negativo del rinnovo a tempo indeterminato, risalente ad agosto 2011, dello stato di emergenza nazionale, che ha consentito restrizioni di diritti fondamentali nonché la repressione delle proteste perduranti a fronte della lentezza dei processi di riforma.
Maria Leone
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