17/05/12

Mi chiamo Irene, sono stata violentata, ho abortito

Stuprata. Le sue braccia forti erano strette attorno al mio collo, mi strangolavano, mi soffocavano e mi lasciarono boccheggante. Sentivo che stavo per morire, e così in una frazione di secondo scelsi di lasciargli fare quello che voleva col mio corpo,per poter rimanere in vita. Quando finì, mi strinsi addosso il cappotto in modo che non si potessero vedere i miei vestiti strappati, sotto…
Il mio corpo cominciava a cambiare, ad aver bisogno di vestiti più larghi, ma non credevo di essere incinta, perché il primo test di gravidanza era risultato negativo (probabilmente non c’erano ancora abbastanza ormoni). Dopo sei settimane ,però, una visita dal mio medico di famiglia e mi informò che ero incinta. “Oh, no!”. Fui presa da shock, incredulità, paura e agitazione. A Londra mi avvisarono di andare in una clinica nell’Inghilterra a metà strada verso il nord per abortire, dicendo che dovevo farlo in fretta, perché ero al limite del periodo in cui era permesso farlo legalmente. Confusa e concentrata solo sulle paure, andai avanti…

Il mio aborto avvenne in un freddo palazzo, vecchio e sinistro.
Mi sentivo molto a disagio mentre aspettavo nella sala con le piastrelle a scacchi bianchi e neri e guardavo trascorrere i minuti dell’orologio. Era come se la morte incombesse come una nuvola nell’aria sopra di me. Feci del mio meglio per reprimere le mie emozioni, firmai un documento, ricevetti il numero, mi unii a circa otto donne che erano sdraiate su dei letti in una stanza, e aspettai a lungo dopo aver inserito un gel ed essermi cambiata con un indumento adatto per l’operazione, che doveva rimanere aperto. Mentre le altre ragazze parlavano delle loro gravidanze, delle nausee mattutine, e del perché stavano per uccidere i loro bambini, cominciai a pensare. Più tardi nell’ascensore dell'ospedale, mentre stavo salendo verso la sala operatoria, misi una mano sulla mia pancia: stavo comprendendo finalmente che avevo un bambino dentro di me, e dissi: “Sono una madre… ho un bambino dentro di me!” L’infermiera che mi accompagnava mi rassicurò dicendo, “È normale – anche altre donne hanno avuto quel pensiero all’ultimo minuto – stai facendo la cosa giusta”, dopo di che le porte si aprirono ed entrai in una sala operatoria illuminata intensamente, dove mi dissero di sdraiarmi, di alzare le gambe e di metterle nelle staffe. Ma mi sentivo malissimo e vulnerabile per via della mia intimità già violata e ancor più perché il medico abortista si era infuriato e agitato quando l’infermiera gli aveva parlato di cosa avevo detto prima, e lui cominciò ad urlarmi che avevo già firmato un modulo di consenso, no? e che stavo bloccando il normale proseguire degli eventi. Mi prese rozzamente le braccia, che mi legarono con le cinghie, e mi mise un ago nel braccio… dopo di che non mi ricordo molto… persi conoscenza…

Quando ripresi conoscenza, mi dissero ad alta voce di alzarmi. Con grande sofferenza afferrai la mia pancia con una mano, mentre con l’altra brancolavo cercando l’uscita lungo il muro del buio corridoio, poi tornai nel mio letto nell’altra stanza. Le altre donne ora non parlavano e gemevano per il dolore. Sentivo la mia pancia come se ogni centimetro fosse stato raschiato con una lama tagliente di rasoio. Fummo lasciate sole… e dopo molto tempo… credo il giorno dopo… mi permisero di tornare a casa, ma il dolore era insopportabile. Mi offrirono una sedia a rotelle, ma strinsi i denti e mi dissi: “L’hai voluto tu, e allora sopporta senza lamentarti”.
Sanguinai abbondantemente mentre tornavo a casa in auto, e dovetti fermarmi ogni tanto: la testa mi girava, stavo malissimo.
I sanguinamenti durarono per sei mesi.

Guardando indietro, mi pento di aver abortito, e delle pillole del giorno dopo che ho preso. Se avessi capito allora ciò che ora so, non sarei mai stata capace di chiedere di uccidere il mio bambino. Sono arrivata a questa consapevolezza dopo aver visto un video di un aborto, vedendo un bambino di 12 settimane reagire agli strumenti dentro l’utero, e vedendo le terribili immagini di questi piccoli esseri umani, quando tiriamo via loro le braccia, rompiamo le gambe e le tiriamo fuori, fracassiamo i loro crani, aspiriamo (parti dei loro) corpi, le cervella, li decapitiamo, ecc. Come possiamo guardare queste immagini, con intestini, costole, cervella, cuore, spina dorsale, ecc. e non chiamarli esseri umani? La vita comincia nell’istante del concepimento: tutti i geni e il sesso sono nella prima cellula, così come il colore dei capelli, della pelle… La cellula continua ad espandersi a 2, 4, 8, 16 cellule… fino all’adolescenza, quando i nostri figli sono pienamente sviluppati.

Provai un immenso senso di colpa e un immenso rimorso dopo aver compreso che cosa avevo fatto. E mi separai dalle mie emozioni, perché il senso di colpa era troppo grande da sopportare; questo mi causò problemi nelle relazioni in seguito. Poi lessi che delle donne come me, che abortiscono dopo una violenza sessuale (meno dell’1% di tutti gli aborti) l’80% si pente di aver abortito. Mentre il 70% di quelle che hanno scelto di lasciar vivere il loro bambino non ha rimpianti.
Io vorrei non averlo ucciso…

Ad ogni Festa della Mamma, dovevo affrontare il fatto che ero una madre, anche se non di un figlio vivente: madre di un bambino morto per le mie stesse azioni. Che trauma emotivo. Portavo questo, in me, in silenzio, senza parlarne.
Mi raggelai quando poco dopo qualcuno pose il suo piccolo bambino tra le mie braccia: chi ero io per tenere in braccio un bambino dopo aver ucciso il mio?

In seguito, anche io entrai a far parte delle statistiche di un aborto spontaneo. In una successiva gravidanza ebbi la ‘placenta previa’ (una condizione che provoca eccessivi sanguinamenti), il rivestimento del mio utero era troppo sottile. Ho saputo che il tessuto cicatriziale dovuto all’aborto può causare problemi nelle successive gravidanze e i danni dell’aborto possono causare parti prematuri, insieme ad una probabilità maggiore del 50% di cancro al seno se non porti a termine la gravidanza del primo bambino, ma interrompi improvvisamente il processo di maturazione delle ghiandole mammarie, abortendo. Quando in seguito nacque mia figlia tramite taglio cesareo, le mie braccia furono ancora legate, come durante l’aborto, e tutte le paure e le ansie tornarono a scorrere in quello che avrebbe dovuto essere solo un momento gioioso.

Trovo pure straziante il non poter dire alla mia figlia vivente più vecchia che è la mia primogenita. E quando un giorno lei tornò da scuola, chiedendomi se avessi mai perso un bambino, non riuscii a proferire parole: come fai a dire ad una bambina che hai fatto uccidere sua sorella? Quanto è traumatico emotivamente per la famiglia della donna che ha scelto di uccidere! Quanto si sente insicuro il fratello/sorella… "perché loro e non io?"

Quando avevo circa 35 anni scoprii che io stessa ero stata concepita in uno stupro (da parte del marito). Tutta la mia famiglia lo sapeva da tempo, tranne me. Mio padre era completamente ubriaco, aveva schiaffeggiato violentemente mia madre per tutta la stanza, poi l’aveva buttata sul letto e violentata. Violenza domestica. Ed io fui concepita.
Crescevo nel suo grembo da circa sei mesi, quando lei prese la sua bicicletta e premeditando di buttare se stessa con me sotto un treno nelle ferrovie a qualche chilometro da casa. Andò là, stette vicino ai binari… ma proprio mentre il treno si stava avvicinando, non riuscì a farlo. Le sono così grata che non l’abbia fatto!!

La vita non è come siamo stati concepiti, o cresciuti… ma ciò che ne facciamo. C’è guarigione, e sono così felice che mia madre non mi abbia fatto uccidere, quando ne aveva la possibilità. La gente pro-choice direbbe ora che avrei dovuto essere uccisa nel grembo. Però sono così felice che mi abbia partorita, e allevata, nonostante il modo in cui sono stata concepita, e di essere viva e di poter fare qualcosa per l’umanità.
Il mio valore e il mio diritto alla vita non dipendono da come sono stata concepita! Anche dopo uno stupro!

Eppure… che cosa ho fatto io quando ho scoperto che io stessa stavo portando in grembo un bambino in seguito ad una violenza su di me?

Ho dovuto venire a patti con ciò che io, io stessa avevo fatto. Avevo scelto di pagare qualcuno per uccidere il mio bambino innocente. C’erano un padre (il violentatore), una madre (io) ed un bambino. Ma io ho assoldato un sicario (il medico abortista) per uccidere il mio bambino innocente. Avevo compresso tutto questo dentro di me per 25 anni ma, come dicono gli psicologi, alla fine il pozzo nero della vita deve essere aperto, e abbiamo bisogno di essere onesti con ciò che abbiamo fatto nella nostra vita.

Ho dato un nome ai miei bambini, ho fatto una tomba per loro al cimitero, e ho trovato guarigione con YHWH (Dio) e Suo figlio Yahshua (Gesù), e in base a questo ora sono in grado di testimoniare che cosa ho fatto, e gli effetti che ha causato su di me, sulla mia famiglia e sulle persone a me care, fisicamente, emotivamente e spiritualmente. Sono profondamente pentita di avere sottoposto il mio piccolo e innocente bambino a una tale tortura e ad una così dolorosa mutilazione, facendolo tagliare a pezzi ancora vivo e mentre il cuore ancora gli batteva. Uccidere un innocente non è mai giusto, anche dopo uno stupro. “Due torti non fanno una ragione”. Il padre mi aveva fatto male, ma io ho fatto male al bambino. Il bambino non aveva fatto nulla di male. Il bambino è un’altra persona. Avrei potuto finire con l’amarlo, o farlo adottare ad una famiglia che lo amasse. In ambito giuridico, se un uomo uccide una donna incinta è punito per la morte di due persone. Che stiamo facendo uccidendo i nostri stessi figli?

Vorrei che mi avessero parlato del meraviglioso sviluppo del mio piccolo. E del fatto che persino prima che noi madri sappiamo di essere incinte, dopo quattro giorni di ciclo mancato, il bambino ha già un cuore che batte verso i 18-21 giorni. Che a 18 giorni il cervello comincia a svilupparsi, a 20 giorni con il cervello mediano, frontale, posteriore, e che le onde cerebrali possono essere misurate a 40 giorni. Che sono sensibili al tocco, al calore, alla luce e al rumore. I recettori del dolore cominciano a svilupparsi entro le 4-5 settimane. Verso le 6 settimane rispondono al tocco. Hanno DNA, sesso, gruppo sanguigno, impronte digitali che li rendono individui unici. Belle manine con piedi, costole, bocca, lingua.

Talvolta il bambino non muore immediatamente quando comincia la sua uccisione e le braccia e le gambe sono tirate via. Un medico abortista ha testimoniato che il cuore del bambino a volte pulsa ancora. O che sono ancora vivi mentre sono aspirati via e vanno attraverso il tubo per morire poi nel barattolo. Questi sono esseri umani, non sono morti cerebralmente, o senza sensazioni…

Se una donna è incinta, ha bisogno di sostegno, non dell’aborto.

Molte di noi (il 64%) vengono costrette ad abortire (dal ragazzo, dalla madre, dal padre, dall’insegnante, dal medico, dall’infermiera, dall’amica, dall’assistente sociale) e poi noi sentiamo pentimento e vergogna in seguito, quando comprendiamo la piena portata di ciò che abbiamo fatto. Un bambino dice: “Fammi vivere. Prendi la mia mano invece della mia vita. Amami invece di uccidermi”. L’aborto uccide un cuore che batte. Con la selezione embrionale per le malattie, noi diciamo in realtà ai fratelli/sorelle: “Tu sei voluto e amato perché non hai un handicap”. Alle persone handicappate noi diciamo in realtà: “Sei tollerato solo perché non c’era la tecnologia per eliminarti quando eri un embrione”. Il genocidio è all’interno dei nostri laboratori. Ricordati: Dio ti ama, ma ama anche il tuo bambino.

Con l’aborto un cuore smette di battere, ma un altro cuore si spezza. Diventiamo insensibili, come me all’inizio, oppure il rimorso e il senso di colpa aleggiano sopra di noi, fino a quando diventiamo pulite e troviamo la guarigione. Come disse Madre Teresa: “L’aborto è la morte di due: il bambino e la coscienza della madre”. Vi prego, non uccidete il vostro bambino. Il vostro bambino ha bisogno di essere lasciato vivere… trovate qualcuno che vi aiuti.

Grazie

Irene van der Wende
Coordinatrice per i Paesi Bassi di Silent No More Awareness

1 commento:

  1. SE SEI PENTITA DIO TI HA PERDONATA E ALLORA NON AVERE PIU' SENSI DI COLPA PERCHE' SIGNIFICA NON CREDERE VERAMENTE NEL SUO PERDONO...OFFRI LA TUA VITA PER AIUTARE ALTRI A NON FARE IL TUO STESSO SBAGLIO ,RICONOSCERE DI AVER FATTO UN ERRORE E' UNA VITTORIA SUL MALE ....CREDO CHE DIO TI AMA ED HA BISOGNO DI TE COME STRUMENTO PER AIUTARE ALTRI ...FATTI USARE DA DIO NE VALE LA PENA...LA PACE SIA CON TE

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