08/02/12

Dove ci porteranno le nuove frontiere della genetica democratica o "low cost"




Chiudiamo gli occhi e immaginiamo il nostro futuro già predeterminato, dall'insorgenza di un evento che lo cambierà per sempre. Stiamo parlando della possibilità di poter conoscere con l'uso di un macchina affatto dispendiosa, i futuri comportamenti del nostro genoma.
Stando alle notizie che ci arrivano dagli USA, un semplice strumento è già disponibile per analizzare il nostro genoma e per dirci con congruo anticipo, se e quale tipo di malattia, potrebbe colpire il nostro organismo nel corso della vita.
Il campo di applicazione è quello dei test predittivi, in grado di individuare e distinguere le malattie così dette multifattoriali da quelle monogenetiche.
Più precisamente, le prime sono quelle dervanti dalla combinazione di fattori ambientali e altri determinati geneticamente. E' il caso delle malattie causate da una anomalia cromosomica come ad es. la trisomia 21; mentre le seconde, vengono causate dalla modificazione di un gene soltanto che può essere dominante o recessivo.
Basterà mettere in moto una macchina grande quanto una stampante laser per leggere in meno di 24 ore tutti e tre i miliardi di lettere che compongono il DNA di un individuo, sostenendo una spesa all'incirca di mille dollari.
Sicuramente, questa rappresenta una sensazionale vittoria scientifica che sembra farci toccare con un dito, l'eldorado tecnologico della medicina.
Ma forse guardando le cose un pò più in profondità, sarebbe opportuno chiedersi anche: a quale prezzo?
E' infatti prorio vero che le ultime frontiere della genetica, ci impongono una riflessione critica sull'orizzonte dell'uomo e sulla sua condizione esistenziale.
Penso che nessuno di noi possa ritenersi totalmente esente dalla lotteria delle malattie genetiche che potenzialmente potrebbero compromettere la nostra salute. A questo va aggiunta un ulteriore considerazione etica sul problema dei test predittivi, perchè dietro queste indagini si cela un grande pericolo: le ricadute psicologiche che un soggetto perfettamente "sano" potrebbe avere, dopo avere avuto notizia di un futuro di sofferenza. In questa situazione, il vulnus risiederebbe nell'assenza di un'adeguata preparazione propedeutica del paziente o come potremmo chiamarlo? "soggetto malato potenzialmente o ...sospeso" tra il benessere presente e la malattia ancora non attuale? E la sua vita come andrebbe correttamente definita? a durata determinata? O ancor peggio a durata precaria? Magari per questi soggetti, sarebbe anche possibile simulare un welfare traslato da quello studiato per il lavoro a tempo determinato.
La verità è che nessuna scienza può regalarci la certezza e il controllo sul nostro futuro e che in questo mondo il "per sempre" non esiste, per la semplice ragione che in natura tutto è stato creato con dei limiti .
Forse sarebbe giunto il momento di liberarci dalla certezza a tutti i costi che al rovescio ci costringe alla schiavitù di un sapere predittivo, a volte non sempre votato al raggiungimento del bene comune. Bisogna infatti tenere presente che la medicina predittiva, riscontra una patologia non attuale nel senso che affida la sua previsione al dialogo inevitabile tra la nostra ereditarietà biologica e il contesto dei fattori ambientali. Questo ci porta a concludere che il materiale biochimico, risulta fortemente influenzato dalle stesse condizioni dell'ambiente e dall'esperienza individuale di ciascuno. Addirittura - come ci spiega nel suo nuovo libro Edoardo Boncinelli La scienza non ha bisogno di Dio - è incredibile che "questa catena di eventi e processi biologici necessiti - perchè l'evoluzione non si arresti - di errori di "copiatura" nella trascrizione dell'informazione dal DNA all'RNA messaggero, cioè nella fase intermedia verso l'attivazione delle proteine e del differenziamento cellulare". Dunque questa nota fuori dal coro - la "copiatura" - consentirebbe determinate "mutazioni necessarie nell'adattamento degli organismi all'ambiente".
A mio parere però, si dovrebbe anche dire che in natura nulla avviene per caso e tutto è stato prestabilito per il benessere del creato.
E qui entra in gioco una doverosa riflessione antropologica ed etica che investe il contesto sociale nel quale ci muoviamo tutti noi e che riguarda da vicino la dignità del soggetto. In poche parole, bisogna prestare attenzione alla questione del diritto, da parte dello Stato, sull'utilizzazione dei test genetici a fini medico-scientifici. Senza dimenticare altri fini potenzialmente convolti come ad esempio, la selezione dei candidati per un impiego di interesse pubblico o la valutazione preventiva dei rischi di una polizza assicurativa. Sono tutti casi nei quali "chi" seleziona e utilizza questi test non è la persona direttamente interessata alla predizione del suo DNA.
E allora, concludiamo con l'opinione dello studioso Jacques Ruffié, il quale afferma che da una parte l'uomo da sempre è soggiogato dal desiderio di conoscere il più possibile il futuro; mentre dall'altra la medesima "predizione sarebbe quindi relativa al dominio del possibile e del probabile, ma non del certo".
Poichè tutta la materia biologica è limitata nel tempo e nello spazio, questa mantiene in sè la capacità di evolversi verso il suo destino, lunga una linea continua e variabile: così è la vita.
Ma noi, esseri umani, siamo soltanto vita materiale o nel nostro DNA cè un soffio vitale in più?

dott.ssa Silvia Bosio
Dottore di Ricerca in Bioetica
U.C.S.C.
Roma

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