Da bene-rifugio a bene-stangata. Si fanno i primi conti della nuova
tassa sulla casa (Imu). Sono 13 le giunte di grandi città (da Roma a
Bologna) che hanno finora deliberato aumenti rispetto alle aliquote
standard fissate dal governo e c’è già un buon motivo di allarme per
l’impatto sui bilanci dei cittadini e delle famiglie.
Secondo i dati di un rapporto della Uil, l’aumento medio varia dal 34
al 38 per cento, ma questo calcolo vale per le seconde case, unica
tipologia per la quale è possibile un raffronto anno su anno, visto
che l’Imu in questo caso assorbe le vecchie tasse Ici e Irpef già
operanti. Diverso per la prima casa: l’Ici era stata abolita dal governo
Berlusconi nel 2008, dunque per la prima abitazione non si pagava nulla
da quattro anni e dunque, risuscitata la tassa, è tutta tassazione in
più rispetto allo zero di partenza.
Si aggiunga il fatto che molti Comuni hanno già deliberato aliquote
superiori a quelle di base del governo (4 per mille sulla prima casa e
7,6 per mille sulle seconde), comunque già in partenza maggiorate dalla
scelta di aumentare del 60% la rendita catastale. Un appartamento di 5
vani nella semiperiferia di Roma costerà circa 650 euro (a Bologna 409)
se prima casa, quasi duemila euro (1750 a Bologna) se seconda casa.
Il 16 giugno i cittadini dovranno versare la prima rata dell’Imu, ma
molti lo faranno al buio, senza conoscere l’esatto ammontare della
stangata finale. Infatti i Comuni hanno tempo fino al 30 giugno per
decidere quale aliquota applicare e c’è da scommettere che nelle città
dove è in calendario il voto amministrativo non si muoverà paglia fino
al responso e all’insediamento della nuova giunta. Dunque molti
pagheranno a giugno presumendo l’applicazione delle aliquote di base,
con brutta sorpresa pressoché garantita al momento del saldo di fine
anno.
Di Paolo
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