02/03/12

Quanti voti possono "smuovere" oggi i Social Media in Italia?

Che ruolo hanno i social network in politica? Cosa è cambiato, dopo la loro diffusione, nel modo di comunicare? Quanto peseranno in vista delle prossime elezioni? E, ancora, come possono i politici sfruttare al meglio uno strumento rivoluzionario in termini di comunicazione con gli elettori? Essere presenti sui Social basta o bisogna investire tempo per essere credibili? Sono solo alcuni degli interessanti quesiti posti da alcuni esperti di web communication durante la presentazione del libro di Francesco Pira (ricercatore di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi di Udine), “La Net Comunicazione Politica”, svoltasi ieri alla Camera dei Deputati. Al dibattito, presieduto da Carmelo Sardo (giornalista del Tg5), in veste di moderatore, hanno partecipato, oltre l’autore, Antonello Canzano, docente dell’Università “G.D’annunzio” di Pescara, Stefano Epifani, docente dell’Università La Sapienza di Roma, Roberta Maggio, responsabile New Media del Partito Democratico e Antonio Palmieri, deputato del Pdl e responsabile nazionale internet del partito. “Noi giornalisti - ha esordito Carmelo Sardo - prendiamo più spunto dalle notizie che arrivano dai Social che non dalle agenzie di stampa. E se questi strumenti - ha aggiunto - sono importanti per noi, figuriamoci quanto possono esserlo per i nostri politici.

Oggi è indispensabile esserci anche se il punto non è quello, piuttosto come esserci”. Proprio quest’ultimo concetto è stato il perno centrale di un confronto che non ha risparmiato aspre critiche dei metodi di utilizzo dei Social da parte di molti politici, sia a livello nazionale che locale. “Twitter, Facebook, i blog, sono strumenti che non funzionano se non c’è un vero dialogo tra l’elettore e l’eletto”, ha affermato Francesco Piro. “I Social - ha continuato - sono funzionali se fanno parte di una strategia comune, perché ognuno di noi, al giorno d’oggi, è un nodo della rete”. Secondo Epifani, invece, il linguaggio della politica “è radicalmente cambiato rispetto a molti anni fa. Ora bisogna capire se i nostri politici se ne sono accorti”, ha sottolineato, nutrendo qualche dubbio. “C’è una spasmodica ricerca dell’attenzione, oggigiorno, che spinge molti a un’uso improprio di questi strumenti. Basti pensare che dopo le ultime amministrative l’81% dei profili appartenenti a sindaci e amministratori locali sono stati letteralmente abbandonati. Ma quanto durerà questo gioco? Per quanto gli italiani potranno sopportarlo?”. Molto critica anche Roberta Maggio del Pd: “L’Italia è molto indietro sia per quanto riguarda l’uso dei Social che per il linguaggio utilizzato per interagire. Questo perché si vive in un’ottica quantitativa più che qualitativa. Un alto numero di follower - ha aggiunto, chiosando - non è sinonimo di qualità”. Più ottimista Antonello Canzano, secondo il quale “l’incremento dell’uso dei Social sta favorendo una democrazia più diretta, una democrazia dove si può interagire con il politico e dove si può percepire un proprio ruolo”. Ma come si ci deve comportare? Come fare per essere vincenti? A spiegarlo ci ha provato l’unico politico presente all’incontro, Antonio Palmieri:”Bisogna essere se stessi, essere spontanei ma soprattutto bisogna avere qualcosa da dire. Obama nel 2008 vinse perché trovò qualcosa di vincente da dire e non solo perché diede un ruolo centrale ai Social”. Il deputato del Pdl, poi, avverte:”Internet è come un bambino piccolo che ha sempre fame. E’ un rapporto che va costantemente alimentato”. Per questo motivo ha annunciato, durante il suo intervento, che da martedì prossimo il suo partito darà il via alla PDA,, un progetto nato con il fine di spiegare ai Parlamentari del Pdl le giuste regole per stare sui Social.

Social che, nonostante le diversità di idee e di veduta, hanno messo d'accordo tutti i partecipanti al confronto sul ruolo di grande importanza che avranno nell'imminente futuro. Twitter, Facebook, Google Plus e i blog, infatti, saranno importanti già per le prossime amministrative ma lo saranno ancor di più in vista delle politiche del 2013. E' forse azzardo definirle determinanti?




Eugenio Cipolla

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