Nella vita, come nella politica, ci sono priorità che vengono sempre sottovalutate e bazzecole alle quali, senza un motivo chiaro e apparente, viene concessa una corsia preferenziale. Una di queste è la spending review, ossia la road map tracciata dal Governo per la revisione della spesa pubblica, che, secondo i tecnici, ha una maggiore importanza rispetto a tanti altri temi delicati che riguardano la crescita e lo sviluppo del nostro paese.
Saranno circa quattro i miliardi di euro che il nuovo commissario straordinario Enrico Bondi andrà a cercare nella vasta e immensa pianura degli sprechi targati P.A. Un nonnulla rispetto ai centoquaranta miliardi di euro che lo Stato ogni anno impiega nel settore dell’acquisto di beni e servizi.
Tagliando in quel settore, dove la spesa nell'ultimo quinquennio è aumentata di quasi il 50%, si potrebbero risparmiare quasi quaranta miliardi di euro ogni anno. Si potrebbe abbattere il vero costo della politica, stanare la collusione tra criminalità organizzata ed enti pubblici, creare un tesoretto capace far sparire l'Imu e abbassare il carico fiscale sulle famiglie italiane.
E' vero, i quattro miliardi ricavati dalla spending review saranno impiegati, si spera, per scongiurare un aumento dell’Iva, ma gli obiettivi di riduzione della spesa, effettuati in questo modo, sembrano più misure populiste che atti di concretezza verso la sobrietà di spesa della P.A.
Oltretutto la domanda che sorge spontanea è la seguente: possiamo anche ridurre la spesa ed evitare l’aumento dell’Iva, cosa che un po’ tutti speriamo, ma cosa ce ne facciamo se il Governo nell’immediato futuro non metterà a punto le tanto sbandierate misure a favore della crescita economica e dello sviluppo occupazionale? I dati sulla situazione italiana forniti oggi dall’Istat, d’altronde, parlano chiaramente.
Il tasso di disoccupazione è salito al 9,8%, il massimo dal 1992, un giovane su tre non lavora e il numero degli inattivi, cioè di coloro che non hanno lavoro, non studiato e nemmeno lo cercano, cresce giorno dopo giorno. Serve, in conclusione, una politica nuova, con obiettivi concreti e realizzabili in un arco di tempo breve. E questo il Governo Monti, in sella da più di sei mesi, non è stato in grado di farlo.
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