“Evadere le tasse è peccato”. I Vescovi italiani, attraverso il loro presidente, Cardinale Angelo Bagnasco, fanno sentire forte e chiara la loro voce su un tema tanto importante e delicato quanto scomodo come il fisco, non sempre sufficientemente affrontato con la dovuta durezza e schiettezza. Finora era sembrato che equiparare il non pagare le tasse al rubare fosse un'esagerazione, fuori luogo persino nelle chiese. Ci ha provato qualche prete coraggioso, suscitando non pochi fastidi tra i suoi fedeli, alcuni dei quali hanno addirittura preferito cambiare parrocchia piuttosto che sentirsi in colpa e fare una sosta al confessionale con un peccato in più da farsi perdonare.
Ora però la condanna viene dall'alto, e non si può far finta di niente. Anzi si spera che dai pulpiti si alzi qualche altra voce a richiamare anche i credenti all'adempimento di un dovere che chiama in causa bene comune e coscienza. Le pubblicità governative, che stanno andando in onda in queste settimane, nella loro apparente “scorrettezza” dicono una verità: non pagare le tasse è rubare alla società, è sottrarre soprattutto a chi ha meno e che viene più penalizzato dalla carenza di servizi che lo Stato non può garantire perché non ha soldi. Non a caso il premier Monti ha detto di recente che “chi oggi evade le tasse reca danno ai concittadini e offre ai propri figli un pane avvelenato”.
Nell'ampia prolusione con la quale lunedì 23 gennaio ha aperto i lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, il Cardinale ha affrontato diversi temi, soffermandosi non poco sulla crisi che, pur nella sua drammatica gravità, può divenire comunque un'occasione. “Per certi versi questa - ha infatti detto - è una stagione propizia per imprimere allo Stato e alla stessa comunità politica strutture e dinamiche più essenziali ed efficienti, lontane da sprechi e gigantismi. Per cooperare attivamente con il Governo a riequilibrare l'assetto della spesa in termini di equità reale, e metter mano al comparto delle entrate attraverso un'azione di contrasto seria, efficace, inesorabile alle zone di evasione impunita, e ai cumuli di cariche e di prebende. La Chiesa - ha aggiunto Bagnasco - non ha esitazione ad accennare questo discorso, perché non può e non deve coprire auto-esenzioni improprie”.
“Evadere le tasse è peccato”, ha quindi detto il presidente dei Vescovi italiani. Aggiungendo: “Per un soggetto religioso questo è addirittura motivo di scandalo”. Il Cardinale si riferisce a quelle strutture ecclesiali soggette all'Ici che attraverso sotterfugi contabili evitano il balzello. Ma il richiamo è generale: pagare le tasse è un dovere di tutti, e i cristiani in particolare dovrebbero avvertire più di altri il valore del gesto. Non è che ci si debba spingere ad affermare, come fece tempo fa un economista, che “pagare le tasse è bello”, ma prendere coscienza del fatto che farlo, pur significando un sacrificio, è un imperativo morale oltre che impegno di civiltà dovrebbe essere un dato acquisito. E del resto il sacrificio stesso sarebbe molto inferiore e quindi meno pesante se più equamente suddiviso.
Solo così non dovremmo più far finta di meravigliarci ogni qualvolta ci viene ricordato che un dentista, un gioielliere o un ristoratore dichiarano all'erario meno di un operaio.
Ora però la condanna viene dall'alto, e non si può far finta di niente. Anzi si spera che dai pulpiti si alzi qualche altra voce a richiamare anche i credenti all'adempimento di un dovere che chiama in causa bene comune e coscienza. Le pubblicità governative, che stanno andando in onda in queste settimane, nella loro apparente “scorrettezza” dicono una verità: non pagare le tasse è rubare alla società, è sottrarre soprattutto a chi ha meno e che viene più penalizzato dalla carenza di servizi che lo Stato non può garantire perché non ha soldi. Non a caso il premier Monti ha detto di recente che “chi oggi evade le tasse reca danno ai concittadini e offre ai propri figli un pane avvelenato”.
Nell'ampia prolusione con la quale lunedì 23 gennaio ha aperto i lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, il Cardinale ha affrontato diversi temi, soffermandosi non poco sulla crisi che, pur nella sua drammatica gravità, può divenire comunque un'occasione. “Per certi versi questa - ha infatti detto - è una stagione propizia per imprimere allo Stato e alla stessa comunità politica strutture e dinamiche più essenziali ed efficienti, lontane da sprechi e gigantismi. Per cooperare attivamente con il Governo a riequilibrare l'assetto della spesa in termini di equità reale, e metter mano al comparto delle entrate attraverso un'azione di contrasto seria, efficace, inesorabile alle zone di evasione impunita, e ai cumuli di cariche e di prebende. La Chiesa - ha aggiunto Bagnasco - non ha esitazione ad accennare questo discorso, perché non può e non deve coprire auto-esenzioni improprie”.
“Evadere le tasse è peccato”, ha quindi detto il presidente dei Vescovi italiani. Aggiungendo: “Per un soggetto religioso questo è addirittura motivo di scandalo”. Il Cardinale si riferisce a quelle strutture ecclesiali soggette all'Ici che attraverso sotterfugi contabili evitano il balzello. Ma il richiamo è generale: pagare le tasse è un dovere di tutti, e i cristiani in particolare dovrebbero avvertire più di altri il valore del gesto. Non è che ci si debba spingere ad affermare, come fece tempo fa un economista, che “pagare le tasse è bello”, ma prendere coscienza del fatto che farlo, pur significando un sacrificio, è un imperativo morale oltre che impegno di civiltà dovrebbe essere un dato acquisito. E del resto il sacrificio stesso sarebbe molto inferiore e quindi meno pesante se più equamente suddiviso.
Solo così non dovremmo più far finta di meravigliarci ogni qualvolta ci viene ricordato che un dentista, un gioielliere o un ristoratore dichiarano all'erario meno di un operaio.
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